Il ritrovo è a Giaveno, comune a trenta chilometri da Torino, in una caldissima mattinata di primo agosto. Il gruppo si forma pian piano, in attesa degli arrivi dei partecipanti che, chi in auto, chi in treno, raggiungono il luogo dell’appuntamento da svariate regioni e luoghi, anche molto lontani.
E’ lo spirito di Va’ Sentiero, progetto nato per valorizzare e far conoscere le “terre alte” in modo partecipativo e condiviso. Il nucleo centrale dell’iniziativa è costituito proprio dagli eterogenei gruppi che ad ogni spedizione, trekking o camminata, si formano dal basso, per naturale attrazione.

Il motto di Va’ Sentiero “camminare – scoprire – condividere” è semplice e diretto e sintetizza l’attitudine mentale e fisica di chi viaggia in montagna con il gusto della scoperta, pronto a farsi sorprendere dalle meraviglie dell’ambiente e coinvolgere dalle storie di chi cammina con lui.
E così partiamo alla volta del rifugio Balma (1986 m.) nel Parco naturale Orsiera Rocciavré, prima tappa del trekking, 1.300 metri di dislivello su terreno dapprima comodo, poi sempre più “alpino”, attraversando pascoli, boschi di latifoglie sostituite più alto da conifere. E poi rocce, strappi ripidi e ambiente d’alta quota.

Il gruppo, una ventina in tutto, è composto da giovani ragazze e ragazzi dal nord e centro Italia, con una presenza da Sorrento, una dall’Olanda e dagli Stati Uniti. Le chiacchiere partono subito a mille ed è divertente ascoltare frammenti di discorsi e racconti che si intrecciano, parlando delle proprie esperienze, scelte di vita, sensazioni.
Man mano che si sale di quota il volume si riduce in modo proporzionale al crescere della fatica, le tematiche diventano più profonde e personali… E’ la magia della montagna che mentre ti impone impegno e concentrazione, ti regala momenti unici di astrazione dalla quotidianità e apre canali relazionali sconosciuti.

Una volta a destinazione, la serata si sviluppa in base ai ritmi tipici di un rifugio: pausa di riposo, la minima toilette consentita a queste quote, sistemazione in camerata o montaggio della tenda e trepida attesa dell’ora di cena. Poi, stipati nell’angusta sala da pranzo, le chiacchiere riprendono vigore e, tra un piatto tipico e l’altro, foto, selfie e brindisi a volontà.
L’indomani mattina i campeggiatori sono i primi a svegliarsi, colpiti dai raggi del sole ben prima delle sei. Uno dopo l’altro sbucano della loro tende e dopo uno sbadiglio e un po’ di stretching si accorgono della bellezza del momento, fatto di luce, silenzio e vastità. Poi escono tutti dal rifugio e l’incantesimo svanisce, lasciando il posto alla febbrile attività di preparazione dell’uscita giornaliera.

Non senza ritardo (non è facile tenere a bada un gruppo di 20 escursionisti un po’ anarchici…), alla dieci siamo di nuovo in cammino, con destinazione Colle del Robinet (2.679 m.). Si tratta di altri 700 metri di dislivello tutti oltre il limite del bosco in ambiente selvaggio, severo e al tempo stesso magnetico, fatto di rocce, erba, ruscelli e qualche “balma”, grandi rocce ricurve utilizzate dai pastori come riparo da pioggia, neve e vento, un simbolo nelle Alpi occidentali.
Sopra quota 2.000 le soste si fanno più frequenti. Il cielo, dapprima sereno, si copre e nubi basse di umidità corrono veloci lungo le pendici della montagna. Un paesaggio ovattato, quasi da saga gotica, nel quale il serpentone dei trekker si muove lento ma determinato. In due ore e mezza siamo al colle e, come sovente accade sui crinali, il sole riprende il campo e illumina prepotentemente l’ultimo tratto fino alla vetta.

Una colonia di stambecchi osserva noncurante quella che, da lassù, pare sembrar loro una mandria umana. Il gruppo finalmente raggiunge lo spiazzo davanti alla chiesetta votiva posta esattamente sulla cima, zaini a terra e meritato riposo. Poi sarà pausa pranzo, prima di riprendere il cammino in discesa per raggiungere il secondo posto di tappa, il rifugio Selleries (2.035 m.) dopo oltre due ore e mezza di sentiero.
Il mio compito termina qui. Devo rientrare per l’itinerario appena concluso e mi aspettano 1.700 metri di fastidiosa discesa, tutta d’un fiato. Saluto il gruppo e il team di Va’ Sentiero, augurando buon cammino e ripromettendomi di seguirli nuovamente in futuro.
Ideali condivisi
Vibram ha deciso di supportare l’iniziativa Va’ Sentiero proprio perché perfettamente allineata con gli ideali che il marchio vuole promuovere. Si parla proprio di un turismo più locale, più vicino a casa, più legato ad un territorio e anche ad un approccio ad esso più responsabile e durevole. Il camminare a passo d’uomo, favorisce e promuove ulteriormente questo modo di percepire il viaggio e la riscoperta. I ragazzi del progetto, oltre ad attraversare dei luoghi in incognito, ricercano anche le comunità che ci vivono, così da capire come esse agiscano sui territori che le circondano.