La settimana scorsa abbiamo parlato del problema della siccità in montagna insieme ad alcuni rifugisti delle Dolomiti. Abbiamo chiesto loro se un rifugio può sopravvivere senz’acqua, e come si stanno preparando all’imminente nuova stagione. Uno dei temi fondamentali che è emerso durante la nostra chiacchierata è quello della sensibilizzazione di chi frequenta questo luoghi. È possibile fare in modo che gli alpinisti, gli escursionisti e i turisti siano informati e possano contribuire ad un uso responsabile dell’acqua in montagna? Vediamo come.
L’educazione alla base di tutto
Sappiamo davvero a quanto ammonta il nostro consumo d’acqua giornaliero? Per farsi un’idea, per una doccia di tre minuti si usano in media trenta litri d’acqua, mentre per tirare uno sciacquone se ne usano in media sei. Da qualche anno a questa parte il numero di persone che frequenta la montagna è aumentato, e spesso sono aumentate anche le aspettative di questi nuovi turisti montani. La doccia in rifugio è diventata quasi obbligatoria, così come le stanze ad uso privato invece dei dormitori, complice anche la pandemia. Insomma, c’è chi si aspetta che un rifugio di montagna sia uguale a un albergo e fornisca gli stessi servizi, ma non è così.
Un uso responsabile dell’acqua in montagna è fondamentale. Se questa è una risorsa preziosa nelle città e nei fondovalle, lo è ancora di più in montagna, dove la sua presenza e utilizzo da parte dei rifugi è vincolato alla capacità e al livello di riempimento delle cisterne, o dalla presenza di una sorgente. È quindi fondamentale che chi frequenta i rifugi sia a conoscenza di queste differenze e di queste problematiche, in modo che possa tutelare gli ambienti che frequenta. È necessaria un’opera di sensibilizzazione.
Cosa fanno i rifugi
Questa sensibilizzazione può e deve partire anche dai rifugi stessi. Abbiamo chiesto ai nostri quattro interlocutori se hanno provato a sensibilizzare i propri clienti su questo tema, e in che modo. Ci sono riusciti?
Roberta Silva, gestrice del Rifugio Roda di Vael nel gruppo del Catinaccio e presidente dell’Associazione Gestori Rifugi del Trentino, ci dice che in molti rifugi sono presenti cartelloni informativi, che invitano a un consumo intelligente dell’acqua. “Ormai, però, la maggior parte della gente è consapevole di questo problema,” continua Roberta, “non si stupisce e ci sta attenta. Poi ci sono e ci saranno sempre quelli che invece non vogliono capire e si lamentano per la mancanza di un servizio, e questo è inevitabile.”
Anche Emma Menardi, gestrice del Rifugio Nuvolau, cerca di sensibilizzate i suoi clienti con dei cartelli che spiegano la situazione. “Spesso viene capita” ci dice, “ma è difficile cambiare drasticamente le abitudini di ognuno. Spesso i nostri ospiti notturni effettuano l’Alta Via 1 e hanno dei bagagli ristretti, per loro magari è indispensabile lavare ogni sera mutande, calze e magliette, oltre che farsi la doccia. Come far capire loro che se lo facessero tutti non potremmo dargli la cena?”
Questo è un ottimo punto, su cui mi sono trovata a riflettere svariate volte anche io. Quando lavoro come Accompagnatrice di Media Montagna e porto i miei clienti lungo questi itinerari a lunga percorrenza, farsi la doccia dopo una lunga giornata al sole sembra essere una priorità. Mi sono trovata spesso a pensare che, forse, il modo migliore per insegnare ai clienti come comportarsi sia il buon esempio. E quindi che saltare la doccia per una sera non è poi così grave. Se lo fa la guida, lo possono fare anche loro.
Insomma, bisogna far capire ai clienti che se c’è acqua in valle non necessariamente ce n’è anche in montagna. La disponibilità d’acqua dipende dalla presenza o meno di una sorgente, e dalla vicinanza di questa al rifugio: quando si prosciuga la sorgente finisce anche la disponibilità d’acqua (o, come dicevamo prima, dalla presenza di cisterne per l’acqua piovana). Bisogna inoltre tenere ben presente che ogni rifugio è diverso. Non è come per gli hotel, dove ogni 4 stelle offre gli stessi servizi indicati dalla categoria stessa a cui appartiene. Per i rifugi le cose cambiano a seconda della posizione e delle risorse presenti in quel determinato posto.
La bellezza e l’unicità dei rifugi di montagna sono date anche da questo, dalla semplicità di questi luoghi, oasi in mezzo alla natura. Senza dimenticarsi, poi, della loro funzione primaria, ovvero quella di presidi della montagna. Sono fonti di informazioni su sentieri, percorsi, condizioni meteorologiche e non solo. Svolgono un ruolo fondamentale per la sicurezza e per le operazioni di soccorso in montagna. Ricordiamocelo, e lavoriamo insieme per usufruirne nel modo migliore.
Un ringraziamento a Raffaele Alimonta, Emma Menardi, Roberta Silva e Marco Soramaé per la collaborazione e la testimonianza.