In città regna la confusione, ma più di tutto c’è scoramento, disperazione, senso di sconfitta. Non solo le oltre 3000 vittime, le migliaia di case rase al suolo. A contribuire al clima apocalittico ci sono i monumenti, le vestigia storiche della millenaria civiltà nepalese, abbattuti, danneggiati, cancellati dal profilo architettonico della capitale. Pezzi di storia che se ne vanno e che lasciano gli abitanti orfani di quanto di più caro ancora posseggono.
SMS – h 3,35 (7,20 Nepali time): “Notte andata bene. Dormito niente ma poche scosse. Torniamo a Kathmandu tra qualche ora e li ci sarà elettricità. Baci”
E’ tutto quello che sappiamo oggi, per ora non c’è possibilità di raggiungere Jessica via Skype o cellulare. Segno che il rientro verso casa è più difficoltoso di quello che si poteva pensare. Per fortuna non piove più e non fa freddo. Fonti internazionali descrivono ancora molto caos, difficoltà per i soccorritori nel raggiungere le aree più danneggiate, ma perlomeno si cominciano a vedere gli interventi governativi, con autobotti militari che dispensano acqua. Sotto le macerie ci sono ancora molte persone ancora in vita, le stanno trovando e in molti casi, salvando.
I medici degli ospedali raccontano dell’incessante flusso di feriti, con traumi di ogni gravità, e lo scarseggiare dei materiali di primo intervento. La comunità internazionale si sta mobilitando ma non è facile passare dalla decisione ai fatti, dal momento in cui parte la spedizione e quello in cui diventa operativa sul posto.
Frattanto si cominciano ad avere notizie di villaggi lontani dalla capitale, e delle distruzioni che non faranno altro che aggravare il bilancio del terremoto. Nelle valli verso l’Everest si trovano piccoli agglomerati di case di cui è già difficile, in tempi normali, conoscere l’esatto numero di abitanti ed ora, quello delle vittime.
La situazione degli alpinisti bloccati ai campi alti resta critica. Gli elicotteri, che ora possono raggiungere quelle altitudini, inanellano rotazioni a ciclo continuo, ma non sono sufficienti a far rientrare tutti rapidamente e, come sappiamo, occorre far presto per evitare il ritorno nel maltempo.
Il pensiero va alla condizione economica nepalese, già fortemente provata prima del sisma ed ora ulteriormente gambizzata proprio nel pieno della stagione turistica del trekking e dell’alpinismo. Occorrerà un po’ di tempo, affinché la confusione attuale si plachi e i piani di stabilizzazione (non certo di ricostruzione) prendano forma. L’invito per tutti quelli che hanno pianificato o avevano intenzione di farlo, un viaggio in Nepal, è quello a non desistere, verificando ovviamente la fattibilità concreta, ma aggiungendo un motivo in più per andare: la solidarietà di chi, con la propria presenza, sa di contribuire attivamente a sostenere uno dei popoli più poveri del mondo.
Per ora è tutto, aspettando news di prima mano da Jessica.
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